L’allevamento dei bachi da seta

Il baco da seta veniva allevato dalle famiglie contadine, che coltivavano il gelso (Morus) per alimentare l’allevamento. Questa è un genere di pianta originaria dell’Asia ma anche diffusa allo stato naturale in Africa e in Nordamerica. Comprende alberi o arbusti di taglia media. Le foglie sono caduche, alterne, di forma ovale o a base cordata con margine dentato.
Il gelso bianco (Morus alba-foto 1 sotto), specie originaria dell’Asia centrale e orientale, fu importato in Europa con il baco da seta in quanto quest’ultimo è ghiotto delle sue foglie.
Il gelso nero (Morus nigra L.), originario dell’Asia Minore e Iran, fu introdotto in Europa probabilmente nel Cinquecento. Ha foglie più piccole del gelso bianco e produce frutti nero-violacei saporiti.

Le specie del genere Morus vengono coltivate per diversi scopi:
– i frutti (more nere e more bianche che sono eduli);
– le foglie sono utilizzate in bachicoltura come alimento base per l’allevamento dei bachi da seta (foto 3 sotto);
– come piante ornamentali;
– per ricavarne legname da lavoro, buona legna da ardere, pertiche flessibili e vimini per la fabbricazione di cesti.

Le fasi del complesso lavoro dell’allevamento del baco da seta (Bombyx mori-foto 2 sotto) una specie di farfalla della famiglia Bombycidae originaria della Cina settentrionale, che si nutre esclusivamente di foglie di gelso, iniziavano in genere nella seconda metà di aprile con l’acquisto delle uova che venivano conservate nel tepore domestico in attesa della loro schiusa, che richiedeva una temperatura superiore ai 15°C ed un locale ben arieggiato e tiepido. Per questo il luogo più idoneo era la stalla. Gli odori ammoniacali della stessa erano innocui per le uova, che erano poste in un cestello appeso al soffitto e coperto con tela per proteggerle dagli insetti.
Le famiglie contadine abbienti usavano un’incubatrice arieggiata e riscaldata da un lume.
La schiusa avveniva dopo circa 18 giorni ed i “bacolini” grigi, nerastri o striati, venivano posti su graticci, tavole o arelle con il telaio di legno ed il fondo di cannucce, fil di ferro o tavole in legno o in vimini, ed alimentati con foglie di gelso finemente spezzettate. Nei primi giorni, il lavoro si limitava alla raccolta ed alla frantumazione di una congrua quantità di foglie di gelso ben asciutte, fresche e pulite ed alla sostituzione, almeno ogni 48 ore, dei fogli di carta che raccoglievano gli escrementi sopra il piano dei graticci.
Più i bachi crescevano, più aumentava il loro appetito e più si faceva pressante il lavoro per accudirli. Lo sviluppo degli stessi non era uniforme poiché presentava quattro mute, fasi in cui perdevano la cuticola esterna sostituita da una più capiente. Negli ultimi dieci giorni del ciclo il lavoro si faceva intensissimo, snervante, spesso complicato da eventi imprevisti, quali improvvisi sbalzi di temperatura causati da maltempo e malattie, spesso gravi o mortali, che potevano compromettere il buon esito dell’intero allevamento. Nell’ultimo periodo di sviluppo le larve del baco mangiavano con grande ingordigia; poi intorno al 30° giorno cessavano di alimentarsi e iniziavano un movimento oscillante del capo rivelando che era giunto il momento in cui si apprestavano a filare il bozzolo. A questo punto, la famiglia allestiva il “bosco”, costituito da rametti di fascina variamente intrecciati, e lo collocava nei “granai” o in soffitte appositamente oscurate per creare l’ambiente ideale. Realizzato il “bosco” e deposti i bachi, gli allevatori speravano in un abbondante raccolto. I bachi cominciavano a filare il bozzolo (foto 4 sotto) nel quale si avvolgevano, trasformandosi prima in crisalide e poi in farfalla. Il baco produceva la seta in due ghiandole che sono collocate parallele all’interno del corpo. La seta era costituita da proteine raccolte nelle ghiandole, il baco la estrudeva da due aperture situate ai lati della bocca, i seritteri. La bava sottilissima, a contatto con l’aria si solidificava e, guidata con movimenti ad otto della testa, si disponeva in strati formando un bozzolo di seta grezza, costituito da un singolo filo continuo di seta di lunghezza variabile fra i 300 e i 900 metri. Il filo microscopicamente era formato da due proteine: due fili di fibroina paralleli ricoperti da sericina. Per l’utilizzazione della seta, era necessario intervenire prima dell’uscita della farfalla dal bozzolo, poiché la secrezione rossastra emessa dall’insetto subito dopo lo sfarfallamento (meconio), avrebbe irrimediabilmente macchiato la seta, facendole perdere alcune sue peculiari caratteristiche come il candore e la lucentezza. Il baco impiegava tre-quattro giorni per preparare il bozzolo formato da circa venti-trenta strati concentrici costituiti da un unico filo ininterrotto, dopodiché si trasformava in crisalide e poi questa in farfalla. Se la metamorfosi arrivava a termine e il bruco si trasformava in falena, l’insetto adulto usciva dal bozzolo forandolo, utilizzando un liquido e le zampe, rendendo il filo di seta che lo componeva, inutilizzabile. Di conseguenza gli allevatori gettavano i bozzoli in acqua bollente per uccidere l’insetto prima che ciò avveniva, oppure il bozzolo veniva asciugato in appositi essiccatoi per essere filato successivamente. L’immersione in acqua bollente permetteva il dipanamento del filo di seta sciogliendo parzialmente lo strato proteico di sericina che avvolgeva il filo di seta. Prima dello sfarfallamento perciò, iniziava l’opera degli allevatori che raccoglievano i candidi bozzoli. I bozzoli venivano venduti a opifici che provvedevano alla filatura; in alternativa, questa attività era svolta in casa: i bozzoli, immersi in acqua bollente in bacinelle, erano liberati a mani nude dalla sericina, che incrostava il filo di seta, che veniva poi districato ed avvolto sugli aspi per formare una matassa.
Alcuni bozzoli venivano risparmiati per consentire la riproduzione del baco. La falena del baco da seta era ed è incapace di volare e di cibarsi. Questa specie di insetto esiste ormai solo come risultato di una selezione esplicita da parte dell’uomo e ha presumibilmente perso gran parte delle sue caratteristiche originarie. Per esempio il bruco è incapace di sopravvivere in pieno campo su un gelso; il colore della sua pelle è bianco e manca del necessario mimetismo per cui è facile preda di animali.

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