Erta del giubileo: Croce di Megna

Da Osigo alla Croce di Megna: L’erta del Giubileo. > scarica il pdf dell’itinerario    > scarica la mappa illustrata

Percorso = Osigo di Valbrona > Monte Megna > Alpe di Ossa > Osigo di Valbrona
Lunghezza del percorso = Km. 12
Dislivello totale = 1100 m / Quota max raggiunta: 1050 m
Difficoltà = Sentiero escursionistico classe E (Trekking per Escursionisti)
Tempo medio complessivo di percorrenza = h. 3,30
Abbigliamento = Usuale per le normali escursioni in montagna (scarponcini, maglione, giacca a vento, bastone/racchetta ecc.)
Interesse naturalistico dell’escursione = Panorami mozzafiato e un invito, grazie alle opere dell’uomo, alla meditazione.
Percorso effettuato il: Ottobre 2016
N.B.: Le descrizioni riportate rappresentano lo stato del percorso al momento in cui l’escursione è stata effettuata.
Non ci assumiamo nessuna responsabilità per eventuali incidenti avvenuti percorrendo un itinerario da noi proposto.

Chi crede che i sentieri siano sempre e solo stati attrattiva per naturalisti, escursionisti e appassionati vari si sbaglia, perché gli stessi sono stati e restano ancora oggi principalmente delle vie di collegamento. Nel passato, il commercio, la viabilità agro-silvo-pastorale e la possibilità di spostarsi a piedi da un comune all’altro (quando la strada più sicura era anche la più “curta” e meno frequentata) sono stati i fattori determinanti per la ricchissima rete di sentieri che oggi viviamo e spesso percepiamo con altre visioni e differenti sensibilità.
Da qui, la decisione di narrarvi il territorio (con un itinerario ad anello) considerando indispensabile fornire indicazioni sulle direttrici di collegamento (numerazione sentieri locali) più che sul raggiungimento di località o di mete più o meno famose.
Il nostro intento è far brillare di luce propria i sentieri, renderli sicuri e attraverso di essi favorire la scoperta dei luoghi (di oggi e di ieri). Ecco perché discendendo dalla Croce di Megna l’indicazione sentiero locale 6 si sovrappone con il segnavia C.A.I. “Alpe di Monte”. Spesso la segnaletica esistente sembra essere solo e semplicemente l’indicazione della traiettoria da seguire per raggiungere un determinato luogo, mentre scoprire gli stessi attraverso la conoscenza dei sentieri e non viceversa ci permette di muoverci liberamente, in sicurezza e pronti alle innumerevoli sorprese.

L’erta del Giubileo vi metterà a dura prova: è un sentiero con salite lunghe e ripide. Il percorso che proponiamo potrebbe sembrare, ad uno sguardo distratto, la classica direttissima alla vetta del monte, ma la storia di questo tracciato è strettamente legata ad un uomo ed al suo fare. Il legame è con Aldo Dell’Orto, artista di Osigo classe 1927, sottile figura appuntita come il “ferro” con cui disegnava i suoi intonaci.
Oltre a dipingere, lasciando il suo segno disincantato e sereno sui muri del paese, Aldo ha corso e camminato tantissimo (già settantenne corse gli ultimi suoi 37 km. del prestigioso Giro del Lario) e il sentiero di cui si parla era, in parte, il percorso quotidiano per raggiungere la sua baita. Nella primavera del 2000 lo ridisegnò per tutti noi, in occasione dell’anno santo.
Il fare di Aldo è testimonianza di un gesto discreto, fatto per la gioia di molti, di accoglienza e condivisione di cui gli saremo sempre grati; ne è convinta anche l’impresa di costruzioni che, impegnata da generazioni in onerose e tenaci sfide edili, l’ha definita “la salita del fare” e ne ha voluto sostenere i costi di realizzazione.

Arrivati a Valbrona da Asso e percorsa tutta la centrale via Vittorio Veneto, oltrepassare poi Piazza Caduti, (comodi e gratuiti parcheggi) proprio dove la direttrice diventa via Milano, all’altezza dell’ex distributore di carburante, svoltare a sinistra (foto 1 sotto) verso via Roncareggi (foto 2), poi immettersi sempre verso sinistra in via Battisti (foto 3) e proseguire (foto 4). Arrivando invece da Onno, percorsa la via Milano, occorrerà svoltare a destra verso via Roncareggi e poi a sinistra in via Battisti.

All’incrocio (foto 1) deviare a sinistra (foto 2) ed immettersi in via Filzi (foto 3) da percorrere totalmente sino al termine, svoltando a sinistra in via Montegrappa e scendendo pochi metri, in zona “Prà Cumùn” sulla destra (foto 4) ci sono dei parcheggi.

Più caratteristico, anche se solo pedonale, l’accesso dal centro paese (attenzione al traffico della strada provinciale 46).
Il punto di riferimento è il muro decorato con scene di vita agreste (decorato a suo tempo dall’artista Aldo Dell’Orto a cui è dedicato questo itinerario-foto1) in via Vittorio Veneto, si imbocca lo stretto inizio (foto 2) di via Voltone  e la si percorre totalmente fino a sbucare (foto 4) in via Montegrappa.

Un ulteriore accesso è quello proprio da via Montegrappa, deviando dalla centrale via Vittorio Veneto (foto 1-ingresso a destra) costeggiando a sinistra “Casa Ganzetti” (foto 2) e di fronte, l’ufficio postale. Si continua a salire (foto 3 e 4) nel nucleo antico.

Si incrocia il tratto che sale da via Voltone e s’innesta in via Montegrappa (foto 1). Percorriamo tutto il tratto asfaltato (foto 2) fino al lavatoio di Osigo (foto 3) dove sono presenti fregi e decori che ci ricordano la figura dell’artista del luogo: Aldo Dell’Orto.
Sulla sinistra si trova il parcheggio di Osigo alta, in zona “Prà cumùn“. Da questo punto l’itinerario diventa unico per i tre ingressi che abbiamo descritto, con la strada che inizia a salire (foto 4).

Si prosegue su asfalto in salita raggiungendo dapprima una grande edicola della SS. Trinità (alla sua sinistra parte via Segantini-foto 1) e di seguito un altra più piccola edicola che rappresenta Cristo in croce (foto 2) alla sinistra della quale, fa capolino l’inizio del nostro itinerario: Erta del Giubileo, con il sentiero locale 28 che dopo un breve tratto diritto piega a sinistra costeggiando un vecchio castagneto. Ci guidano i segnavia bianchi e rossi, ora su un sasso, ora su un albero.
Si tratta, qui, di una caratteristica mulattiera (foto 3) che termina incontrando il cancello di una privata proprietà, dove, a destra, il nostro sentiero si fa più stretto e ripido, sale con strette anse, costeggia, scansa e attraversa canali a sasso (foto 4) greti e segni evidenti di una notevole e stagionale attività torrentizia.

Si incontra anche una piccola sorgente (foto 1) e poi, con un deciso traverso verso destra, raggiungiamo una prima radura (foto 2). Attardarsi un attimo è sempre una buona scelta … percorrendola e puntando diritto verso il lato opposto al nostro ingresso, infatti ci si imbatte in un’antica costruzione impiegata in tempi diversi per usi differenti (casello dell’acqua per latte e cibi da mantenere freschi ed anche ricovero per gli animali con il loro pastore-foto 3). I grandi sassi messi con perizia, la scelta attenta della posizione e la copertura così integrata con la natura circostante la rendono quasi invisibile.
Per riprendere il cammino è necessario guadagnare la sommità della radura ove il sentiero rientra nel bosco. Sale e ancora sale, tra una vegetazione che passa dai numerosi castagni inselvatichiti a fustaie di carpino e di giovani ornielli. I segnavia bianchi e rossi ci accompagnano fino ad un ampia zona in semipiano che si estende dal confine destro, delimitato dal torrente asciutto e testimone di violenti passaggi di abbondanti acque fino a dove, alla nostra sinistra (volto a monte), sfasciumi e muretti a secco risalgono verso una grande parete a stratificazioni fratturate e scomposte in blocchi di rocce calcareo – marnose (foto 4), a tratti dilavate dall’umidità e da concrezioni calcaree dal fascino quasi spettrale.

Meglio fermarsi un attimo: oltre la valletta di destra si osservi il grande trovante (ciclopico masso granitico denominato in vernacolo “verdòn“-foto 1) al cui limitare destro l’uomo ha collegato un grande muro a secco per ottenere, dalla combinazione dei due, un rifugio sufficiente per il riparo del pastore e del suo piccolo gregge o forse un deposito (nello stile del casotto descritto nella radura precedente).
Dando le spalle a quest’antro, qualche metro più in basso si scorge il perimetro di una costruzione a secco. Riattraversata la valletta, ora che il nostro occhio è più allenato, ci accorgiamo che tra gli sfasciumi del limite destro del nostro semipiano affiorano altri muretti a secco e che due torrioni naturali (foto 2), raccordati al piano da bastionate a secco (di certo opera dell’uomo), emergono dal bosco. Se guardiamo queste emergenze nel loro insieme (la grande parete, l’antro nel trovante, i muri perimetrali di una costruzione, i torrioni e i muretti) viene quasi naturale pensare che questo luogo abbia una sua precisa funzione. Noi non lo sappiamo, ma ci piace immaginare qui l’esistenza di una piccola cava sfruttata, come altre storie narrano, per la costruzione di cascine, case e ricoveri, sul posto o nelle immediate vicinanze.
Il sentiero locale 28 si sposta tutto a destra e ci porta al di sopra della grande parete scura e umida con un traverso su cui è necessario procedere con attenzione. Davanti a noi il bosco cambia, il terreno assume le caratteristiche di un inghiottitoio sulle cui sponde compare la faggeta.
Qui la traccia si divide, noi prendiamo, con un accenno di scalinata a sassi e legno, a destra e salendo cominciamo a scorgere dapprima una cappelletta dedicata alla Vergine Maria (foto 3) costruita da Aldo Dell’Orto nel 2000 (anno del Santo Giubileo) e di seguito Baita Camilla (dalla parte opposta un ponticello in legno segna la direzione per una proprietà privata). Questa baita (foto 4) costruita e “coccolata” dallo stesso artista di Osigo, merita tutta la nostra attenzione: da qui si va via sempre felici anche quando, come nel nostro caso, non si scende ma si sale.

Dietro le balze erbose a destra della baita riprende il sentiero del Giubileo (numerazione locale 28), che traversa leggermente in salita verso sinistra e pian piano ci porta a risalire per la cresta dell’anticima del monte Megna (il “Ciarèe” che sovrasta l’abitato della frazione di Visino). Il bosco ha un nuovo scenario: compaiono sempre più frequenti querce, betulle e isolate ceppate di castagno. I segnavia sono dipinti su piccoli e medi trovanti (qui in gran numero). Alcuni esemplari di quercus rubra (quercia rossa-in lingua locale “Farnia“) catturano il nostro sguardo per il maestoso portamento e la dimensione; i carpini raccontano con le loro forme tortuose di grandi fatiche nel resistere ai venti, spesso forti.
La salita si fa ora più dolce e luminosa, proprio ad indicare che la cresta sta lentamente scemando. 

Si incontra un masso erratico di belle dimensioni (foto 1) e poi un pò di piano che apre ad una radura con un ameno casotto di caccia (siamo sulla sommità del “Ciarèe“-foto 2) circondato da alberi secolari (si osservino le betulle e adagiati al suolo, i resti di enormi pecci). Lasciamo quest’angolo suggestivo non senza aver scrutato all’orizzonte la nostra meta: la grande croce della cima (ormai ci siamo). Si scende per un boschetto di betulle (foto 3) e dopo pochi metri ci tagliano la strada il sentiero C.A.I. e C.M.T.L. 13 (sentiero del Tivano-foto 4) ed il sentiero C.A.I. che indica a destra per la località Alpe di Monte (sentiero locale 6).

Prima di uscire dal bosco, sul lato destro, incontriamo un bell’esemplare di granodiorite (“Ghiandone“) riportante la segnalazione direzionale che ci porterà alla Croce di Megna (foto 1). Mantenendo il sentiero locale 28 che qui si sovrappone nel tracciato C.A.I. e C.M.T.L. 13 (sentiero del Tivano) saliamo dolcemente e pieghiamo lievemente a sinistra in un tunnel di noccioli (foto 3) che spesso si diradano per far spazio a betulle e querce imponenti, poi pieghiamo di nuovo a destra fino a tre balzi di sasso e legno (foto 4) che ci portano sulla cresta.

Per la prima volta di fronte a noi lo sguardo scollina: sul versante di Lasnigo (foto 1) vediamo delle bellissime fioriture di sorbi, cibo preferito dagli uccelli migratori in particolare tordi, tordi bottacci, tordi sasselli e cesene (altrimenti dette “viscart“).
Appena preso il sentiero che sale alla Croce (foto 2), sulla destra all’ombra di una betulla, troviamo l’ultima stazione della via Crucis (foto 3) realizzata dall’Assese Gianfranco Gaslini, che sale da Lasnigo, dove su una rustica panca si può sostare a contemplare il paesaggio con la croce (foto 4), meditare e rinfrescarsi.

Guardando il panorama viene spontaneo capire le dimensioni di questa croce (la più grande di tutto il triangolo lariano e con la peculiarità di avere quattro braccia) che si alza nell’unico punto dove la Vallassina si coglie in tutto il suo sviluppo e lo sguardo dell’escursionista incontra:
alla nostra destra i paesi sotto il Monte Palanzone (“Palanzùn” nel dialetto locale) una cima delle Prealpi lombarde alta 1436 metri s.l.m. collocata nel Triangolo Lariano, ne è la seconda cima per altezza, venendo superata solo dal Monte San Primo. Sua caratteristica è la curiosa cappella di vetta: a forma di piramide, venne edificata nel 1900 a cura del Circolo Alessandro Volta di Como e restaurata nel 1981 e nel 2002 grazie al gruppo alpini di Palanzo.
Sulla sinistra la maestosa figura dei Corni di Canzo (foto 3) che fanno da profilo ai monti omonimi, mentre nella (foto 4) sotto la vista spazia sino alla Catena Mesolcina, un gruppo montuoso delle Alpi dell’Adula che segna il confine tra l’Italia (Lombardia) e la Svizzera (Canton Grigioni) tra il Passo San Jorio ed il Passo dello Spluga. Prende il nome dalla Val Mesolcina che la delimita ad ovest. Si chiama anche Catena Tambò-Forcola dalle sue due vette più significative: il Pizzo Tambò ed il Piz della Forcola.

Arrivati dove sorge la Croce, ciò che colpisce è la complessità dell’opera che, sebbene di acciaio, ha richiesto senz’altro un impegno notevole da parte dei volontari per il suo assemblaggio; circondata da un recinto con cancelletto apribile, si nota, alla base del monoblocco di sassi e cemento, la dedica alla Beata Vergine Maria.
La croce è stata fortemente voluta da Monsignor Francantonio Bernasconi nel 2000, allora parroco di Asso e Lasnigo per celebrare l’anno Santo del Giubileo, fu una meta del compianto Cardinale Carlo Maria Martini che quì celebrò la messa.
Tutti gli anni avviene una commemorazione in ricordo della posa, nel mese di Ottobre.

Alla base del monoblocco di sassi e cemento (foto 1) troviamo una cassetta di acciaio inossidabile a chiusura ermetica. Al suo interno è custodito un registro per gli escursionisti che possono lasciare traccia della loro visita con pensieri e dediche. La nostra è ovviamente per Progetto Valbrona (foto 2).
Nella (foto 4), partendo da sinistra verso destra si notano il Monte Palone, la Grigna Settentrionale e la Grigna Meridionale.

I laghi di Pusiano e Annone, sullo sfondo quello di Montorfano e la pianura Brianzola che nelle giornate limpide si può osservare fino a Milano (foto 1). La piana di Visino e l’imbocco della strada provinciale per Valbrona (foto 2).
Il Monte Palanzone con ai suoi piedi gli abitati di Caglio a sinistra e Sormano a destra (foto 4).

Per il ritorno si ripercorrono i propri passi sino ad incontrare il trivio con i sentieri C.A.I. e C.M.T.L. già citati e si prende a sinistra il sentiero locale 6 (segnavia C.A.I. per Alpe di Monte-foto 1). L’itinerario scivola veloce in costa attraversando peccete e bosco misto, scavallando stratificazioni rocciose e vallette e dove non è difficile scorgere qualche rapace volteggiare sopra le nostre teste.

Qui si può godere appieno il significato dell’essere immersi nella natura, con la contemplazione della flora spontanea, il probabile avvistamento di mammiferi locali e nel periodo autunnale, la raccolta di qualche castagna e nel momento “buono” anche qualche fungo.

Si continua in discesa (foto 1) fino ad affacciarsi su una radura ripida (foto 2) che sembra salutare i dirimpettai della Valcerina e Ceppo della Forca. Ci troviamo in località Pozzolo, dove ben curata spunta una bella baita (foto 3) asservita da sorgente (foto 4) e dedicata anche alla caccia da appostamento.

Gli 850 metri di quota ci dicono che siamo circa 200 metri più in basso rispetto  alla cresta del Monte Megna, sotto ai Prati di Pagnano.
Proprio nel punto della (foto 4) si aprono agli escursionisti, due possibilità: proseguendo diritti si effettua una variante che descriviamo in parte a questa pagina, mentre il “nostro” itinerario prosegue in discesa deviando verso destra sul sentiero locale 30.

Svoltiamo perdendo velocemente quota e attraversiamo un altra radura che ci  introduce in località Cascine Ossa, punto dove converge anche la mini deviazione precedente.

Ed è proprio sul tracciato del sentiero che facciamo la conoscenza con la struttura più grande, casa Lattuada, composta di stalla, fienile e casetta attigua (di recente ristrutturazione). Il sentiero è talmente finalizzato che sembra quasi di entrare in casa, a ricordare un ospitalità di altri tempi non del tutto tramontata.
L’itinerario prosegue svoltando a destra lungo il sentiero locale 22 che lasciandosi le cascine Ossa alle spalle prende forma in un antica mulattiera solo in parte ben conservata.

S’inizia la discesa che ci porterà alla frazione di Osigo. Notiamo sulla destra un altro casolare attualmente in disuso, un caspio di legna appena tagliata e pronta per essere “spedita” a valle per mezzo di una teleferica artigianale.
Lungo la discesa si incontra un rudere, in dialetto chiamato “casott“, che prende il nome dall’antico proprietario “Casott dal Galda“. Poco più avanti, dove il sentiero piega a sinistra, si potrebbe fare una deviazione per raggiungere il “Caséll da la Val di Fö“, un casello per la raccolta dell’acqua sorgiva costruito nell’immediato dopoguerra da una squadra, detta “la terribile”, costituita da forestali e operai disoccupati che in questo modo traevano il sostentamento delle famiglie.

Si perde quota in quattro ripidi tornanti e si prosegue ad anse ampie senza allontanarsi dalla forra (ora più pronunciata) del torrente dove s’incontra un masso erratico adagiato fra due piante (foto 2). Bella anche la vista sul Gruppo dei Corni (foto 3) e sulle frazioni di Osigo e Candalino (foto 4 sotto). Più in basso incrocia una valle detta “di Fö” che perdendo ulteriore quota assume la denominazione di valle Rogora, dove si può notare una piazzetta di sosta, ultima possibilità per fare manovra con mezzi meccanici agricoli, utilizzati per il trasporto a valle del legname per riscaldamento domestico. Un ultima curva a destra e poco dopo si attraversa il torrente per scendere fino ad incontrare la sommità di via Montegrappa in frazione Osigo.

Alla fine della discesa, si scorgono le prime case di Osigo alta. Qualche passo sull’asfalto e alla nostra destra, sul prato arginato dal grande muro a secco, notiamo un bellissimo esemplare di masso erratico, appartenente all’era glaciale denominato in dialetto “Sass dal Furmigaroo” o “Sass da Furmigarola” (foto 1) arrivato sin qui probabilmente dalla Val Masino con lo scioglimento dei ghiacciai in epoca preistorica.
Lasciato alle nostre spalle il grosso sasso, dopo breve discesa, sulla destra notiamo una cappellina votiva raffigurante Cristo Crocifisso (foto 3) a lato della quale troviamo una placca murata ora illeggibile, posta da Aldo Dell’Orto, l’artefice dell’Erta del Giubileo.
S
cendendo verso il paese, sempre sulla destra, troviamo un’altra cappellina votiva, questa dedicata alla S.S. Trinità, meta di orazioni serali nel mese preposto (foto 4).
Qui termina il nostro itinerario, vissuto in una giornata stupenda e soleggiata del mese di Ottobre 2016.

Questo itinerario è sostenuto da:
F.lliFrigerio

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