Alpe di Megna

Da Visino all’Alpe di Megna: il sentiero di Olimna                   > scarica la mappa illustrata dell’itinerario

Percorso Visino > Alpe di Megna > Visino
Lunghezza km. 4,330
Dislivello totale 211 mt. in salita – 213 mt. in discesa
Difficoltà sentiero escursionistico – classe (Trekking per Escursionisti)
Tempo medio 1,10 h. (andata/ritorno)
Abbigliamento Usuale per le normali escursioni in montagna (scarponcini, maglione, giacca a vento, bastone/racchetta ecc.).
Interesse dell’escursione Questo itinerario permette di visitare un antico nucleo montano accostandoci alla civiltà contadina legata all’allevamento. Oltre alla possibilità di vedere molte tipologie di piante, erbe e fiori, offre bellissimi panorami alternati a piane e radure silenziose
Data Percorso effettuato a Dicembre 2016
N.B.: Le descrizioni riportate rappresentano lo stato del percorso al momento in cui l’escursione è stata effettuata.
La rete sentieristica locale è il prodotto dell’intersecarsi di tratturi, antiche mulattiere, anditi privati e tracce divenute, nel tempo, abituali camminamenti. Il tutto si sviluppa su territorio perlopiù privato. L’escursionista ricordi di contraccambiare l’ospitalità locale con cordialità e buona educazione, dimostrando rispetto per l’ambiente in quanto patrimonio e risorsa di tutti. Non ci assumiamo nessuna responsabilità per eventuali incidenti avvenuti percorrendo un itinerario da noi proposto.

Per chi volesse cimentarsi in una breve e salutare passeggiata sui monti della Valle delle Sorgenti, il sentiero di collegamento Visino – Alpe di Megna, rappresenta senza dubbio un’opportunità alla portata di tutti.
Semplice, ben segnalato e privo di pericoli, il sentiero ripercorre l’antica mulattiera che collega, da secoli, Visino con la località Megna, in territorio comunale di Asso attraversando i luoghi dei primi insediamenti di Olimna (dal greco olos, tutto e ymnos, inno), i cui abitanti fondarono poi Visino.

Per chi arriva da Asso: dopo aver oltrepassato il cartello segnaletico con la dicitura “Benvenuti nella valle delle sorgenti” (foto 1) e oltrepassato il “Puntecc” (foto 2) con lo scenario maestoso delle Grigne sullo sfondo, consigliamo di entrare a Visino svoltando a sinistra alla prima rotonda (foto 3); prendere quindi a destra e svoltare ancora a sinistra dopo qualche decina di metri, tenendo come punto di riferimento il cippo stradale (foto 4) che immette nella via Olimna.

Per chi giunge invece da Onno: percorrere tutto il paese fino alla prima rotonda (foto 1) dove svoltare a destra. Numerosi parcheggi nei paraggi (anche per camper) permetteranno di lasciare l’auto e di proseguire a piedi. Raggiunta Piazza Chiesa (foto 2) si prosegue per via Roma e superata la Casa della Contessa (foto 3), si continua per qualche decina di metri, indi si svolta a destra, immettendosi in via Olimna (foto 4).

Da via Olimna proseguire per il Viale dei Caduti (foto 1): davanti a noi la Chiesa di San Michele (foto 2) ma si continua diritti. Svoltare poi a destra prendendo, dapprima in leggera salita quindi in piano, la via San Michele, alle spalle del paese. Un centinaio di metri oltre, poco prima che la strada inizi a scendere, dobbiamo svoltare a sinistra in via Madonna del Pozzo (foto 3) e proseguire in salita per il sentiero che si snoda dolcemente dietro al centro abitato. Di fronte a noi, sull’erta della montagna, una curiosa casa incastonata tra centenari esemplari di “Furich” (Celtis Australis, comunemente detto Bagolaro) si erge solida e abbandonata su un ripido poggio solivo:  è la “casa Pratovalle” (Predavall in lingua locale-foto 4) sotto la quale ha inizio il nostro itinerario.

Prima di incamminarci, facciamo il punto sulla nostra attuale posizione e guardiamoci intorno: ci troviamo tra la già citata Chiesa di San Michele e il nucleo di Visino. La bellezza del luogo e della struttura meritano la visita, ma è all’interno che si trova il tesoro più prezioso: il polittico di Ambrogio da Fossano detto “il Bergognone” e la Madonna con Bambino di Andrea Appiani, nonchè altre opere di rilievo date in deposito dalla Pinacoteca di Brera.
 Alla nostra destra (volto a valle) la chiesa e alla nostra sinistra il fitto reticolo di vie di Visino, davanti, oltre le periferiche abitazioni e agli edifici industriali la strada statale e, oltre, la piana ove scorre il torrente Foce. Dietro di noi leggermente a sinistra si percepisce il piano o la sella che separa il dosso Deò dal Monte Megna e rappresenta la nostra meta: Alpe di Megna. Tra la casa “Pratovalle” e il margine boscoso di destra, in mezzo ad una macchia di conifere e cipressi si nasconde un’antica torre medioevale (foto 1). Sul fianco destro della torre sale l’anticima del Monte Megna ovvero il “Ciarée” (splendente), dove pare fu abbattuto nei primi del novecento l’ultimo lupo della Vallassina (Echi di Terra Madre, “Al luf del Ciarée”). Il sentiero (foto 2) prosegue senza pendenza fino ad incontrare una sorgente di acqua (foto 3 e 4) che bisogna oltrepassare, magari dopo essersi dissetati ed aver riempito la borraccia.

Dopo alcuni minuti di cammino si  giunge alla località Madonna del Pozzo (foto 2), nei pressi dell’antica Cappella Votiva. Il toponimo “Madonna del Pozzo” trae la sua origine dalla presenza di numerose sorgenti di acqua purissima che da sempre caratterizzano l’area attigua all’Edicola. Ancor oggi, infatti, poco distante, è presente un “Funtanin” perenne. Di tanta abbondanza di acqua approfittarono in passato anche i nobili De Herra che canalizzarono proprio una di queste sorgenti fino alla propria abitazione nei pressi della Chiesa Parrocchiale. Notizie storiche attendibili riguardanti l’esistenza di una edicola Mariana in questo luogo risalgono a metà del Settecento. L’affresco dipinto all’interno è datato 1800.
Ad un tratto il sentiero che stiamo percorrendo rappresenta un espediente di canalizzazione che la sapienza contadina ha messo in opera e che il buon senso dei giorni d’oggi ha voluto conservare a vantaggio di una proficua cura dell’ambiente (foto 3); si tratta del greto di deflusso di un torrente che, provenendo dalla zona a monte del fabbricato e discendendo lungo i confini di proprietà, in questo punto invadeva e invade tuttora il tratto di mulattiera. La conservazione di questa soluzione rappresenta una primitiva e piccola opera di ingegneria: l’ingresso delle acque nella mulattiera è irrobustito e canalizzato da una sorta di argine, un piccolo tetto o ponte (foto 4) che ha anche la funzione di frenare eventuali trasporti detritici prima della loro caduta sul sentiero. L’opera di consolidamento del canale centrale contiene e convoglia le acque e contemporaneamente consente a tutti il passaggio, anche a piccoli trattori o mezzi di lavoro (che qui di certo non rischiano di restare prigionieri del fango). Infine, il deflusso della mulattiera nel naturale scorrimento verso valle e là dove il torrente diviene anche confine tra differenti proprietà.

Il nostro cammino resta sul sentiero principale 13 seguendo la segnaletica bianca e rossa di C.A.I. e C.M.T.L. A tratti, il sentiero ritorna alle origini mostrandosi quale antica e storica mulattiera che collegava Visino con Megna e poi oltre con Pagnano (Asso) e Lasnigo. Dopo una ripida salita immersa nel verde di una pineta, la mulattiera piega a destra sviluppandosi in un lungo un tratto pianeggiante, sulla cui sponda a monte un castagneto a terrazzamenti fa bella mostra di sé. Più avanti incontriamo sulla sinistra, circondata da prati, la “Casa Longoni” (foto 1 sotto) tipico esempio di abitazione contadina di montagna del secolo scorso, ben conservata. L’itinerario prosegue seguendo le indicazioni bianche e rosse ora su un sasso e ora su un albero, si districa tra fondi proprietari recintati e non (a destra stiamo costeggiando la cinta della “Casa Pratovalle”), per incontrare sulla destra, lungo un’altro recinto, il sentiero locale 34 che terremo a mente per il ritorno e che ora oltrepassiamo salendo ancora con un paio di anse che ci aprono il varco verso la piana dell’Alpe di Megna.

Il territorio presenta in questo punto varietà lignee pregiate come il Carpino bianco e nero , il Faggio, la Rovere e il Castagno inframmezzate qua e là da Frassini, Aceri, Robinie e gli immancabili Noccioli, Sambuchi e qualche raro Maggiociondolo. Il sottobosco brulica di Pungitopo, Elleboro e Ciclamino. Oltrepassato un bel masso adagiato sul limitare del bosco e costeggiato un muro a secco dalle notevoli dimensioni, si giunge dove il bosco termina e si apre la piana di Megna.

Un cancello elettrificato ci avvisa della presenza di animali al pascolo. Megna infatti è per tradizione, oltreché luogo dove un tempo vi si producevano patate da semina, un pascolo per bovini, equini e ovi-caprini. E’ buona regola, entrare conducendo eventuali cani al guinzaglio ed evitando rumori e comportamenti che possano causare parapiglia tra il bestiame (per altro mansueto). Il paesaggio intorno a noi inquadra a destra il crinale del Monte Megna e la sua pronunciata e boscosa anticima che troneggia sopra la stalla (foto 4) e discende poi verso l’abitato di Visino (la Marciana e il Ciarée).

Davanti a noi si cominciano a intravedere l’antico Borgo e, sullo sfondo, i lontani paesi di Rezzago, Caglio e Sormano sovrastati dalla mole del Monte Palanzone e i crinali dell’alta Traversata Lariana che discendono fino alla Colma; a sinistra la nostra piana incontra il Dosso Deò da questo lato dolce e ricco di selve e di castagneti in fase di recupero. Pochi passi ancora e il Borgo dell’Alpe di Megna è pronto ad accoglierci. Anche qui è necessario oltrepassare il cancello elettrificato avendo cura di richiuderlo bene alle nostre spalle. Il bosco a nord est sale definendo la mole del Monte Megna, che con i suoi 1050 m. separa Valbrona dalla piccola valle di Crezzo.

Appena entrati nel borgo, alla nostra sinistra, una grande roccia con attigua una fontana serviva per l’approvvigionamento idrico degli abitanti della piccola comunità e per abbeverare il bestiame.  Il Borgo di Alpe di Megna è un esempio, tutt’ora ben conservato, di quei nuclei montani che caratterizzavano le nostre montagne fino agli anni cinquanta del secolo scorso. La sua origine è antichissima e risale perlomeno al XIV secolo, quando la località pagava, al pari degli altri comuni della Vallassina, la decima all’Arcivescovo di Milano. Due grosse corti del XVI secolo conferiscono al complesso una forte connotazione medioevale che è ulteriormente accentuata dall’isolamento del complesso.

La sua collocazione è in luogo di valico e quindi anche una importante via di collegamento. I transiti provenivano da Fraino (frazione di Pagnano/Asso), da Lasnigo e ovviamente da Visino. L’agricoltura ebbe il suo momento di maggior risalto con la produzione di patate da semina, che però non riuscì a soppiantare l’allevamento di montagna, che restò l’attività principale dei suoi abitanti fino al suo completo spopolamento, iniziato nel dopoguerra, quando dovette cedere a nuove filosofie di gestione che meglio si addicevano alle quote collinari. L’allevamento del bestiame caratterizzò questa località prima ancora dell’agricoltura. Ad Alpe di Megna era attiva una stazione di monta per bovini ed equini di cui oggi vediamo qualche resto sotto il voltone d’ingresso della corte principale (foto 4). Qui prestava la sua opera uno dei cinque “Caricatori d’Alpe” noti al censimento del territorio valbronese dei primi del novecento. Questi, erano contadini/allevatori che guadagnando nei mesi estivi le località di pascolo venivano incaricati di accudire mandrie composte da bestiame privato; era infatti naturale che la stragrande maggioranza delle famiglie possedesse almeno una vacca e si preoccupassero di mandarla al pascolo per tutta la bella stagione. La vacca partiva dopo un lungo periodo di ricovero nella stalla di corte dove il più delle volte partoriva e il trasferimento al pascolo garantiva un ritorno ad un ambiente naturale, tra i suoi simili e spesso anche una nuova gravidanza.

La piccola chiesa di Sant’Antonio Abate (foto 1 e 2) fu eretta per testamento del prevosto di Asso, Girolamo Curioni, nella seconda metà del XVI secolo. Fin dall’ottocento gran parte di questo borgo apparteneva alla Chiesa, con Beneficio della Parrocchia di Visino. In seguito, con il Concordato con lo Stato Italiano, il Beneficio decadde e il Borgo venne ceduto per una decina d’anni alla “Comunità Incontro” di Don Pietro Gelmini, i cui ragazzi venivano qui per disintossicarsi, dedicando il loro tempo ad attività agricole e artigianali, in totale isolamento dalla mondanità. Ancora oggi è visibile il logo della comunità incastonato nelle pietre. Dal 2013 case e terreni appartengono per lo più a privati.

Sull’angolo esterno della corte principale si notino un’edicola con un affresco del cinquecento (purtroppo in pessimo stato – foto 1) e, in posizione più centrale, una lapide (foto 2) che ricorda il grande contributo umano di questa piccola comunità alla tragedia della campagna di Russia. A lato del grande masso erratico all’ingresso del borgo, un piccolo sito di raccoglimento e preghiera con una statua della Vergine Maria (foto 4 ) e diverse rose ad abbellire il luogo.

Per chi volesse apportare una variante al percorso, da questo punto, offriamo due possibilità:
seguire l’indicazione (foto 1) e prendere la mulattiera (foto 2) che conduce a Pagnano e quindi ad Asso, oppure, usciti dal nucleo abitativo, proseguire per l’indicazione (foto 3) lungo la strada selciata che conduce dapprima alla Chiesa di San Giuseppe del 1757, detta dei Morti di Valmorana (in ricordo dei morti appestati del 1531-foto 4), e poi su strada asfaltata a Lasnigo.
In “Memorie storiche della Vallassina”  del prevosto di Asso, Carlo Mazza scopriamo le sue origini:
” Essendo scampato da un grave pericolo della vita il Sig. Giuseppe Mazza oriondo di Lasnigo, fece voto di far fabbricare un oratorio in onore di San Giuseppe, nel lazzaretto (dove si seppellirono i morti di peste di quel comune nel 1531) detto Valmorana.
La fabbrica, di disegno vago ed elegante, era già coperto e coll’Altare e Coro finito nell’anno 1749 in cui Domenico Fiorone la dotò coll’assegno di alcuni suoi fondi. Il fondatore la perfezionò in seguito, e vi fece la volta della Chiesa, la Sacristia e tutti i sacri arredi, colla campana. Ivi si legge la seguente iscrizione in marmo:

D.O.M.
Sacellum hoc D. Joseph – Patrono Nuncupatum
Fidelium erga defunctos pietatem promovendam
Ioan. Joseph. Mazza et Dominico Fioroni
adnitensibus erectum
MDCCLVII

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Tra la grande corte di destra e quella minore e aperta di sinistra una strada s’inerpica verso monte e qui si trova l’indicazione per il Monte Megna: è il sentiero 13 proposto da C.A.I. e C.M.T.L. e segnalato al solito in bianco/rosso,  chiamato anche “Sentiero del Tivano”, che nella tradizione locale è ricordato come “La Strada della Benna”. (Il nome deriva dal rustico carro di origine celtica – una sorta di slitta rudimentale – in genere trainato da buoi, alto nella parte anteriore e con quella posteriore che strisciava sul terreno facendo da freno nei tratti di strada molto ripidi).
Altra variante interessante è il prolungamento del percorso verso Crezzo. Da qui si può fare il rientro da Barni o da Lasnigo, oppure proseguire per il sentiero che porta ad Alpe di Monte e poi a Valbrona attraverso la frazione di Maisano.
Riguadagnata la piana, puntando sullo sfondo il Corno occidentale (Gruppo dei Corni di Canzo) che troneggia su Valbrona (foto 1) la percorriamo a ritroso e usciti dal pascolo (attenzione al cancello elettrificato) imbocchiamo nel bosco la strada dell’andata. Dalla prospettiva di chi scende, si possono cogliere particolari e scorci diversi; al primo deciso piegare a destra della mulattiera si staglia un meraviglioso esemplare di rovere quercia rossa (foto 2) qua e là spuntano nodosi tronchi e robusti “abbracci” tra alberi e sassi (foto 3). La strada è ancora quella già percorsa in salita all’andata, ma la discesa ci porta veloce a imboccare sulla sinistra, oltrepassato un bel masso incorniciato da alberature (foto 4), il bivio del sentiero locale 34 che introduce in località La Marciana.

La sede del camminamento è da “fila indiana” (foto 1) e dopo il primo tratto ripido (foto 2) attraversiamo il torrente detto “dei Sassei” (foto 3 e 4) che scorre rallentando in più pozze di acqua cristallina.

Costeggiamo in piano la radura oltre il torrente e rientriamo nel bosco dove il sentiero prende nuovamente l’assetto da mulattiera: è un procedere in costa verso la valle che sta alla nostra destra. In pochi minuti di marcia, incontriamo una vecchia cascina con fienile collocata sul lato di una radura a balze che presuppone la precedente presenza di un frutteto.

Uno scorcio panoramico da immortalare (foto 1) si accosta ad elementi di un’architettura di altri tempi (foto 2), povera e contadina ma capace di resistere nei secoli senza perdere dignità e bellezza. Il sentiero costeggia, in discesa, il margine basso dell’appezzamento, sorretto da un imponente muro a secco (foto  3) che nel punto in cui va a svanire ci rivela la presenza di un grande masso erratico (foto 4). Qui continuiamo diritti (a destra il sentiero curva e scende, per un’altra via, alla casa “Pratovalle”).

Poche centinaia di metri da percorrere facendo attenzione alle insidie di una pendenza più pronunciata (foto 1) e ci troviamo ad un’ulteriore bivio: siamo ormai in paese e infatti svoltando a destra (foto 2) e percorrendo uno stretto cunicolo (foto 3) entriamo nella via Valle (foto 4).

Giungiamo quindi in una suggestiva piazzetta prospiciente la “Casa de Herra”.

Concludiamo l’itinerario scendendo a sinistra e percorrendo la bella scalinata (foto 1) fino a sbucare nel centro di Visino in Piazza Chiesa (foto 2 e 3), dove si trova la Parrocchiale “Beata Vergine Assunta” (foto 4).

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