panmeino

Parlare di Pan de Mej vuol dire parlare di uno dei maggiori miti gastronomici della tradizione lombarda.
Suscita sempre un certo timore reverenziale per i secoli di storia e gli avvenimenti che l’hanno accompagnato legato molto spesso a povertà, guerre, carestie, saccheggi e sommosse popolari. Da Varese a Milano, da Lecco a Como, da Cantù a Bergamo: per ogni città lombarda vi è sempre, nella tradizione dolciaria, una panigada cioè un dolce realizzato anticamente con la farina di miglio che richiama proprio il nome scientifico della specie botanica Panicum miliaceum in questione.

Pan de Mej – Pane di miglio – Pan Mèìno – Turtej de panigada: ecco come l’origine contadina, la più povera, ha saputo creare con semplicissimi ingredienti un dolce entrato a pieno titolo nella storia della Lombardia e non solo.

Qualche cenno storico
Il miglio, conosciuto fin dalla preistoria per le preparazioni di semplicissime “focacce” impastate con acqua, divenne ben presto il cereale identificativo di quasi tutte le popolazioni dell’Asia (Sumeri, Assirobabilonesi, Persiani ecc.), della Mezzaluna fertile, Africa (Egizi) nonché Europa (Romani, Greci ecc.) insieme al farro, segale, avena, orzo, grano. Raggiunse la massima diffusione nel primo Medioevo, durante il quale era considerato un ottimo sostituto della carne nei periodi di “magro e digiuno” prescritti dalla Chiesa Cattolica.
In seguito iniziò un lento declino perché sostituito da altri cereali più produttivi in termini di resa per ettaro.

È caratterizzato da una lunga conservabilità ed è proprio grazie a questa sua caratteristica, stoccato nei magazzini, che Venezia, assediata dai Genovesi nel 1378, si salvò dalla morte per fame.
Per secoli la polenta di miglio fu un piatto tipico dell’Italia settentrionale, in particolare in Veneto, Lombardia e Trentino. Fino all’arrivo del mais rappresentò uno degli alimenti principali dell’Italia settentrionale, dove era consumato soprattutto sotto forma proprio di “polenta di miglio” e in diverse preparazioni dolciarie insieme con altri cereali. Con il passare del tempo, proprio in quelle stesse Regioni, la farina di miglio fu sostituita con la farina di mais molto abbondante e di resa superiore soprattutto nei periodi di carestia di frumento.
Occorre ribadire però che il mais non ha la stessa storia del miglio, per lo meno in Europa. Importato dall’America meridionale (Ande, Peru ecc.) dagli Spagnoli solo verso il 1550, trovò le condizioni ambientali ideali in alcune regioni italiane diventando il degno sostituto del frumento soprattutto nei periodi di estrema scarsità ed entrando a pieno titolo anch’esso in alcune produzioni locali gastronomiche, dolciarie e non, che fino ad allora erano prerogativa del miglio … polenta e pan de Mej compresi.
Si può dire quindi che prima del 1550 la ricettazione del pan de Mej prevedeva l’utilizzo della farina di miglio abbinata al frumento mentre dopo tale data fu sostituita dalla farina di mais o granoturco che per l’occasione era macinata molto più finemente di quella che generalmente era utilizzata per la classica “polenta lombarda” e tagliata sia con il frumento sia con il mais “macinato grosso”.

La ricetta

Il pane e la polenta erano due preparazioni culinarie che univano la famiglia con i loro riti e sacralità. La preparazione del pane a livello casalingo univa nel silenzio le donne e i bambini e con gli avanzi dell’impasto e della lavorazione si preparavano dolci ai quali si univa burro, zucchero, uova e fiori di sambuco essiccati.
E a proposito di sambuco … all’interno, nell’impasto o in superficie? Questa è … ancora oggi una disputa! Attualmente, se si rispettano le tradizioni, Il Pan de Mej è preparato con un pezzetto d’impasto avanzato dalla preparazione del pan giàlt oppure, in versione molto moderna, con il lievito chimico al posto del classico “riporto” naturale.

Ingredienti per circa 15 pan mèit
Farina 00 = 200 grammi
Farina di mais fioretto = 300 grammi
Burro = 150 grammi
Zucchero = 150 grammi
Vaniglia = I semi di 1 bacca
Lievito chimico in polvere = 1 bustina da 16 grammi
Uova = 3 medie
Sale = 1 pizzico
Fiori di sambuco essiccati = Q.B.
Zucchero al velo = Q.B.

Iniziate la preparazione facendo sciogliere il burro a fuoco basso in un pentolino, quindi lasciatelo intiepidire. Sgusciate le uova e mettetele dentro ad una ciotola capiente, dove aggiungerete lo zucchero e i semi della bacca di vaniglia; sbattete gli ingredienti con uno sbattitore elettrico o una frusta fino ad ottenere un composto cremoso, quindi aggiungete il burro fuso ormai freddo, un pizzico di sale e mescolate.

Mischiate la farina di mais con la farina 00 e la bustina di lievito quindi setacciate il tutto dentro alla ciotola contenente gli ingredienti liquidi. Mescolate ed amalgamate bene tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto morbido ma lavorabile con le mani. Prendete circa 60-70 grammi di composto alla volta e formate una pallina che schiaccerete fino a formare un cerchio di 8 cm. di diametro; procedete in questo modo fino a terminare l’impasto e disponete le sagome ottenute su di una teglia foderata con carta forno e cospargete i dolci di fiori di sambuco. Spolverizzate

Spolverizzate tutte le sagome con dello zucchero semolato e poi con abbondante zucchero al velo, quindi infornate in forno già caldo a 180° C. per 20 minuti. Trascorso il tempo necessario, sfornate i pan mèìt e lasciateli raffreddare.

Quando fiorisce il sambuco ricordatevi di raccoglierne un poco, per farlo seccare e preparare così il pan mèìno. I fiori vanno raccolti, insieme alle corolle, non appena sono fioriti, meglio se durante la luna piena. Si seccano all’ombra, in un luogo asciutto e ben aerato. Poi, una volta seccati, i fiori si separano scuotendo le corolle e si mantengono in un vasetto di vetro con il suo coperchio ermetico. Il sambuco è comune e molto diffuso, quindi la raccolta può essere abbondante, ma si raccomanda di non coglierne nei pressi di industrie, strade, campi irrorati con pesticidi e in altri ambienti inquinati.

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